Hugo Cabret

Pubblicato: febbraio 19, 2012 in Recensioni
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Hugo Cabret di Martin Scorsese (Usa, 2011)

Rimasto orfano, Hugo Cabret vive di nascosto tra le mura di una stazione di Parigi, curando i meccanismi che ne muovono gli orologi. Il suo sogno però è quello di riattivare un automa che gli ha lasciato il padre, orologiaio come lui, e scoprire quale segreti nasconda.

Impossibile rimanere insensibili di fronte a questo Hugo Cabret. Impossibile non pensare per una volta, la terza dopo Avatar e Tintin, che questo 3D in fondo qualcosa in più da dire ce l’abbia veramente.
Hugo Cabret è un film splendido, per gli occhi e per il cuore. La dichiarazione d’amore di un vecchio regista per il cinema come macchina dei sogni, una dichiarazione d’amore firmata con quelle tecnologie (la computer graphic e il 3D) che proprio in questi anni stanno rilanciando il piacere del cinema come pura evasione. Solo che dietro la macchina da presa c’è Martin Scorsese e quindi, al di là del puro divertissement, ci si ritrova di fronte a una cornucopia che trabocca dell’immaginario cinematografico, fotografico, musicale (e anche pubblicitario!) del primo Novecento.
Aggiungere altro, se come me non avete letto il libro da cui è tratto, potrebbe rovinare i piccoli piaceri cinefili che vi riserva questa pellicola. Chiunque parli male di QUESTO Scorsese, solo perché stavolta fa sognare invece che pensare, lo fa per spocchia. Non ascoltatelo.

commenti
  1. alessandra ha detto:

    Giusto!!! Secondo me questo è un grandissimo e umanissimo Scorsese. E poi il 3D è davvero fenomenale.

  2. cineblob ha detto:

    Basta la prima sequenza a capire che in mano a un vero regista il 3D può avere i suoi periché.

  3. emmeggì ha detto:

    Concordo, un ottimo film (e un ottimo 3d)

  4. jeff ha detto:

    Peccato che Bertolucci abbia rinunciato al 3D, mi sa che non aveva nessuna idea ma solo tanto entusiasmo.

  5. ava66 ha detto:

    tanto non scorgo la paraculaggine di The artist quante ne vedo scorrere a josa in hugo cabret, però!

  6. Bollalmanacco ha detto:

    Tecnicamente ineccepibile e meraviglioso dal punto di vista cinefilo (l’emozione di vedere i sogni di Mélies raccontati non ha davvero prezzo), l’ho trovato un po’ carente dal punto di vista di storia e personaggi, se devo dirla tutta un po’ troppo freddo e poco emozionante. Non nascondo che mi sarei aspettata molto di più.

  7. kerygmatico ha detto:

    Mi hai convinto: piglio al volo il blu-ray!
    Felice di averti ritrovato dopo il down di splinder e felice che tu continui la tua avventura cinematografica online 🙂

  8. giacomozamai ha detto:

    ciao, mi spiace ma non sono d’accordo. Si parla di The Artist come film “paraculo” e non ci si affianca questo. Come dicevi: la Storia con la S maiuscola, scenette divertenti e, in questo caso, un bambino dagli occhioni troppo grandi e la vita troppo triste.
    A mio avviso, dopo una decade assolutamente straordinaria, Scorsese esagera nella costruzione di questo melò troppo artificioso nella trama e troppo artificiale nel rappresentare una Parigi plastificata e plasticosa, come solo un americano potrebbe rappresentare.
    Comprendo la necessità registica di voler raccontare la storia del primo grande realizzatore di effetti speciali attraverso le ultimissime tecniche cinematografiche, ma trovo che il risultato sia veramente eccessivo.

  9. cineblob ha detto:

    Stiamo parlando di cose diverse. The artist è un film “paraculo” perché prende una forma-cinema volutamente arcaica (il muto) e la rende piacevole e ammiccante per il pubblico odierno. Scorsese costruisce sì un melò artificiale, ma in fondo cosa faceva il Méliès che vuole omaggiare? Poi può non piacere o piacere, ma è indubbio che l’iper-costruzione in questo caso abbia maggior senso.

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